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12) La valutazione dell’esposizione professionale: UNI EN 689 e Capitolo R.14 (REACH)

Nella precedente puntata ci siamo soffermati sulla scelta del valore limite da utilizzare nella nostra valutazione dell’esposizione, partendo dalle differenze peculiari che distinguono i DNEL (REACH) dai valori limite di esposizione professionali VLEP (D.Lgs. 81/08 e smi). Ma siamo sicuri che sia l’unico punto a cui prestare attenzione quando parliamo di valutazione dell’esposizione?

 

Abbiamo ampiamente delineato e discusso lo scopo e i fondamenti delle due normative alla base di questa trattazione: il D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza) e il Regolamento (CE) 1907/2006 (Reg. REACH).

La valutazione del rischio correlata all’esposizione ad agenti chimici e cancerogeni/mutageni è normata dai Capi I e II del D.Lgs. 81/2008. La valutazione avviene attraverso un processo che punta in prima analisi ad identificare e successivamente a quantificare il rischio correlato all’utilizzo di composti chimici, seguendo principalmente due parametri: la pericolosità e l’esposizione agli agenti chimici stessi. Se l’identificazione della pericolosità delle sostanze chimiche avviene principalmente tramite il Regolamento (CE) 1272/2008 (CLP), per la valutazione dell’esposizione l’art. 225 del D.Lgs. 81/2008 recita: “[…] il datore di lavoro provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzate […] o in loro assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell’esposizione in termini spazio temporali”.

Tra le metodiche standardizzate definite e riportate in Allegato XLI, viene citata la Norma UNI-EN 689:1997 (aggiornata con la versione 2019), la quale definisce criteri e metodi per valutare l’esposizione ai composti chimici in relazione dei valori limite di riferimento utilizzati.

 

La valutazione del rischio correlata all’esposizione ad una sostanza chimica è anche uno dei punti di maggior interesse per il Regolamento (CE) 1907/2006 (REACH). Attraverso la stesura degli scenari di esposizione, risultato di una valutazione sulla sicurezza chimica (Chemical Safety Assessement - CSA), vengono definiti per una sostanza gli usi sicuri per i vari settori di utilizzo (industriale, professionale, consumatore), sia per la salute e la sicurezza delle persone, sia per l’ambiente. La valutazione della sicurezza chimica, e il conseguente scenario di esposizione, è basata sul rapporto tra una stima dell’esposizione, che può essere ricavata da modelli oppure misurata, con un valore limite di riferimento che, nel caso del REACH coincide con i DNEL (Derived No-Effect Level) o i DMEL (Derived Minimal Effect Level). La valutazione del dato di esposizione, e in particolare di un dato misurato, diventa perciò necessaria al fine di ottenere una stima del rischio adeguata alle condizioni di utilizzo di una determinata sostanza.

In questo contesto è il Capitolo R.14 della Guida alle prescrizioni in materia di informazione e alla valutazione della sicurezza chimica (IR & CSA) il documento che descrive le modalità per valutare l’esposizione negli ambienti lavorativi.

 

Dunque, nei due modelli sopra enunciati troviamo molte similitudini ma ahimè anche molte differenze specifiche tra i due approcci, come ad esempio:

  • il diverso valore di riferimento preso in considerazione risulta essere il primo punto di differenziazione tra i due approcci. Se nel RCR il valore di riferimento coincide con il DNEL (o nei casi più remoti con il DMEL), nella EN 689 non viene specificato quali siano i valori limite di riferimento da considerare, anche se, in base al contesto in cui viene applicata la norma, è logico dedurre che ci si debba riferire ai valori limite di esposizione professionale dello stato membro di applicazione;
  • la Norma EN 689 viene espressamente citata all’interno della guida R.14, con riferimento alla selezione e all’interpretazione dei dati misurati per la parte inalatoria. La guida in particolare riconosce come la norma sia un buon punto di partenza per valutazione della parte inalatoria in uno scenario di esposizione per un singolo sito produttivo. L’approccio contemplato dal capitolo R.14 però sembra riferirsi esclusivamente all’Appendice D della EN 689. La guida non riconosce esplicitamente alcuna validità alla trattazione formale dell’Appendice C della EN 689, consigliando quindi 6 come numero minimo di misurazioni per ottenere un dato statisticamente attendibile.
  • un’ultima considerazione riguarda la differenza tra l’approccio alla valutazione del dato e in particolare l’oggetto della valutazione. Se nella EN 689 si vuole indagare l’esposizione complessiva di un lavoratore nell’arco della sua giornata lavorativa rispetto alle sostanze chimiche, e quindi vengono considerate anche attività e tempi in cui la sostanza non viene utilizzata o non entra in contatto con il lavoratore; negli scenari di esposizione si considera quanto l’esposizione a una determinata sostanza, per un certo tempo e per una specifica attività, possa determinare un rischio per la salute o del lavoratore o di un consumatore. Risulta quindi necessario, come ampiamente ribadito all’interno del capitolo R.14, identificare con precisione le OC e le RMM in cui far ricadere il proprio dato misurato per non ottenere delle valutazioni altrimenti palesemente errate e fuorvianti.

 

Conclusioni

Riassumendo, lo scopo della norma EN 689 e del Capitolo R.14 è quello di fornire un quadro chiaro e preciso sull’esposizione a cui sono sottoposti i lavoratori a determinate sostanze chimiche. Il differente fine per cui sono state concepite però porta delle differenze nella valutazione di tale esposizione secondo le due guide.

In definitiva, solo tramite un’approfondita conoscenza di entrambe le norme e tramite una valutazione integrata che tenga conto sia dei limiti nazionali che dei valori derivati (DNEL), possiamo arrivare ad un definizione univoca del rischio di esposizione associato all’utilizzo di sostanze chimiche.

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