Il DVR Chimico: confronto tra modelli derivanti dal Reg. REACH e modelli a supporto del D.Lgs. 81/08
Continuiamo con la nona capitolo della nostra rubrica dedicata al rischio chimico
Ritorna, puntuale come un orologio svizzero, la nostra linea editoriale dedicata alla valutazione del rischio chimico in azienda (che, ricordiamo, potrete trovare tutti gli articoli pubblicati sinora nella sezione Domande Frequenti del nostro sito sotto la rubrica dal titolo chimica come opportunità).
In questa nona puntata entreremo in quello che èpssiamo definire la vera valutazione del rischio: infatti, dopo aver ampiamente illustrato tutte le implicazioni del REACH a livello di permesso di lavoro, l'argomento che tratteremo sarà relativo ai modelli di prevalutazione/valutazione, tanto spesso usati, molto spesso mal usati (vedi Tommaso pensiero).
Infatti, se volessimo contestualizzare il processo della valutazione specifica del rischio chimico, possiamo vedere come si configurano due livelli di valutazione a cui far riferimento:
- il livello di azione (ove la norma stessa introduce la terminologia di irrilevante per la salute e basso per la sicurezza). La definizione di questi livelli non è specificata dalla normativa ed è ancora oggi molto dibattuta;
- il livello limite (chiamato limite di esposizione professionale ovvero dove denotiamo un livello di raggiungimento del danno). Qualora fosse presente questo valore, si deve individuare la dose sotto la quale una determinata percentuale di individui esposti non subisce un danno.
Ed è proprio su questo concetto si giocano le principali differenze tra i due approcci, quello dei “modelli REACH” e quello dei “modelli 81” e che, in questo articolo, andremo a trattare.
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