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Sicurezza prodotto

Le ONG “Not On Our Watch” e “Enough Project” hanno divulgato un report circa l’approvvigionamento illegale di oro da parte di alcune grandi aziende statunitensi

L’inchiesta condotta da due Organizzazioni Non Governative rivela i collegamenti tra una serie di compagnie USA (tra cui Amazon, General Electric, Sony) e la fonderia African Gold Refinery (AGR), che attraverso il contrabbando di oro finanzia i conflitti del Congo orientale

Dal 2012 negli Stati Uniti l’approvvigionamento di oro, assieme a quello di stagno, tungsteno e tantalio, è normato da una Final Rule della SEC che, in accordo con la sezione 1502 del Dodd-Frank Act, vuole spezzare il legame esistente tra l’estrazione di minerali e i conflitti armati nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) e nei Paesi limitrofi (la normativa USA sui cosiddetti “Conflict Minerals”). Sebbene a primo impatto l’importanza commerciale dell’oro potrebbe sembrare limitata a pochi settori, esso è in realtà una materia prima fondamentale per tutto il settore dell’elettronica e risulta quindi chiara l’enorme importanza che tale normativa riveste per moltissime aziende.
Nel corso dell’inchiesta recentemente condotta, due ONG (“Not On Our Watch” e “Enough Project”) hanno verificato che l’African Gold Refinery (AGR), situata in Uganda, ha esportato oro di origine ignota verso una affiliata emiratina della raffineria belga Tony Goetz NV per un valore pari a 377 milioni di dollari, svelando così i legami tra la fonderia ugandese e la corporate belga. Numerose fonti intervistate dalle due ONG hanno rivelato che le attività dell’AGR finanziano gruppi armati del Congo, rendendo tale fonderia assolutamente non conforme ai requisiti previsti dalla due diligence prevista dalla normativa americana sui “Conflict Minerals”. Nell’ultimo anno ben 283 aziende USA hanno inserito la Tony Goetz NV nella propria smelter list dell’SD report e la stessa AGR potrebbe essere inclusa nella catena di approvvigionamento di 103 aziende. Le centinaia di aziende statunitensi che si approvvigionano dalle fonderie afferenti a questo network rischiano pertanto di maneggiare oro “non pulito”.
Questo fatto segna un altro duro colpo alla legislazione USA riguardante i Conflict Minerals, dopo che lo scorso anno lo stesso Chairman FF della SEC Michael Piwowar aveva sollevato dei dubbi circa i risultati ottenuti dall’applicazione della Final Rule, dichiarando che il provvedimento ha di fatto causato un boicottaggio non intenzionale dei minerali provenienti da alcune zone dell’Africa, che si estendono ben oltre la regione dei Grandi Laghi, inficiando anche gli scambi con miniere senza legami con i traffici illegali di armi e con la violazione dei diritti umani.
Tale notizia riafferma la necessità di gestire con attenzione la conformità ai requisiti previsti dalla normativa USA sui “Conflict Minerals”, che può coinvolgere con ripercussioni economiche anche le aziende non statunitensi (es.: anche quelle europee) che immettono sul mercato USA direttamente o indirettamente i metalli 3TG (stagno, tungsteno, tantalio e oro) e i loro composti.
 

FONTI:https://thesentry.org/reports/the-golden-laundromat/

https://www.sec.gov/news/statement/reconsideration-of-conflict-minerals-rule-implementation.html

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