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11) La valutazione del rischio chimico: VLEP vs DNEL

Nella scorsa puntata vi abbiamo fornito una disamina approfondita delle tipologie principali di valore limite di esposizione professionale, ma una domanda sarà sorta spontanea .. quale scelgo? E perché? La domanda non è di facile risposta e apre diversi spunti di riflessione.

 

La normativa di riferimento per la valutazione del rischio connesso all’impiego di agenti chimici sul luogo di lavoro è, nel territorio italiano, il D.Lgs. 81/08 (e s.m.i.), più conosciuto come il Nuovo Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Questo testo, che potremmo definire una “normativa sociale” fissa termini, condizioni e modalità con cui deve essere svolta la valutazione del rischio.

Abbiamo ampiamente discusso, nei precedente articoli, di come il regolamento REACH e il D.Lgs. 81/2008 prevedono misure similari atte a “valutare” l’impatto per l’uomo delle sostanze chimiche impiegate a vario titolo dall’industria. Se da un lato il REACH prevede la valutazione dei pericoli intrinsechi delle sostanze impiegate, dall’altro il D.Lgs 81/2008 considera il rischio come combinazione di pericolo ed esposizione agli agenti chimici negli ambienti lavorativi. Entrando nel merito della valutazione del rischio, l’art. 223 D.Lgs. 81/08 e i seguenti (fino all’art. 232) individuano i fondamentali passaggi e le specifiche del percorso. In presenza di un livello di rischio rilevante per la salute e/o non basso per la sicurezza, in seguito ad una valutazione preliminare, è necessario applicare misure specifiche di protezione e prevenzione e intraprendere tutte le azioni previste all’art. 225 del D.Lgs. 81/08. In particolare la presenza di tali livelli di rischio comporta l’obbligo per il datore di lavoro di una valutazione più approfondita con modelli oppure con la pianificazione di misurazioni periodiche degli agenti chimici secondo metodiche standardizzate. Un requisito necessario per poter effettuare delle misurazioni è conoscere dei valori di confronto con i quali parametrare i risultati dei campionamenti, i cosiddetti “valori limite di esposizione professionale”.

 

Per quanto concerne il nostro paese, il numero delle sostanze per cui è attualmente vigente un valore limite di esposizione professionale (VLEP), ovvero quelle elencate nell’allegato XXXVIII del D.Lgs. 81/08, è molto contenuto. È quindi una prassi consultare anche valori definiti da altri enti europei e/o internazionali, anche se questi non costituiscono un limite di legge (se non diversamente indicato dai contratti di lavoro collettivi). Si rimanda all’articolo 10 della rubrica per la disamina delle varie tipologie di limiti e le loro fonti.

 

Uno di questi valori ha però costituito una novità con un impatto palesemente più importante di altri, parliamo dei DNEL/DMEL introdotti ai sensi del REACh. In molti casi se confrontiamo tali valori con i VLEP (per la stessa sostanza ovviamente) ci imbattiamo in differenze davvero rilevanti.

È importante chiarire che i due valori (VLEP e DNEL) vengono ricavati, spesso, da basi di dati diverse. I valori derivati di non effetto vengono calcolati applicando fattori correttivi a dati di tipo tossicologico, mentre i VLEP (ma anche OEL, TLV, ecc.) quando possibile, derivano da dati epidemiologici e storici di malattie professionali. La distinzione è comunque tutt’altro che netta in quanto in molti casi VLEP e DNEL sono frutto di entrambi i processi valutativi.

Fatto sta che ad oggi entrambe le normative sono vigenti nel territorio italiano, e da questo punto di partenza nasce una delle criticità ancora irrisolte del processo di valutazione del rischio chimico a seguito dell’avvento del Regolamento REACH: i DNEL sono dei valori limite di esposizione professionale che devono essere considerati ai fini della valutazione dell’esposizione ai sensi della norma UNI EN 689?

 

Orientamento Italiano

L’orientamento più autorevole nel panorama nazionale, spesso presentato anche nei convegni dai vari rappresentanti delle autorità competenti, è sicuramente quello espresso nel documento “Criteri e strumenti per la valutazione e la gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. […]”, della Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro Comitato 9 – Sottogruppo Agenti Chimici.

In tale documento si evince che se:

  • la sostanza ha un VLEP nazionale, questo è obbligatorio per legge;
  • la sostanza ha sia un VLEP nazionale, sia uno o più DNEL/DMEL, il VLEP è obbligatorio per Legge mentre il datore di lavoro si attiene alle misure di gestione del rischio riportate nello/negli scenari di esposizione pertinenti alla sua attività e, così facendo, opera in presunzione di conformità al DNEL/DMEL;
  • la sostanza non ha un VLEP ma solo uno o più DNEL/DMEL, il datore di lavoro considera l’eventuale esistenza di altri valori limite (OELVs, TLV ACGIH, ecc.) ma in ogni caso si attiene alle misure di gestione del rischio riportate nello/negli scenari di esposizione pertinenti alla sua attività e, così facendo, opera in presunzione di conformità al DNEL/DMEL In tutti i casi i livelli di esposizione eventualmente misurati non sono confrontabili con tali DNEL/DMEL.

 

Tale affermazione si fonda anche sul fatto che spesso tali valori si discostano, anche in modo considerevole da quelli dei VLEP, ove presenti, e questo in alcuni casi è dovuto ad una non allineata interpretazione dei dati di partenza a cui si fa riferimento per il calcolo o ad un diverso approccio nel calcolo dei fattori correttivi.

Si ritiene quindi di considerarli come un valore teorico da raggiungere, magari da prendere come riferimento a livello impiantistico e tecnologico per la progettazione ed il mantenimento di azioni di prevenzione appropriate.

 

Orientamento Europeo

Per quanto riguarda le fonti Europee più autorevoli si può citare una comunicazione dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) la quale afferma che: se il livello derivato senza effetto per la stessa via e durata di esposizione è inferiore al limite di esposizione professionale (DNEL< VLEP) e se questo determina condizioni e misure di gestione dei rischi più rigorose, è necessario rispettare le condizioni e le misure di gestione dei rischi più rigorose come riferito nello scenario di esposizione con la scheda di dati di sicurezza dei lavoratori. Per garantire un uso sicuro, è necessario rispettare anche il livello derivato senza effetto più basso.

A questa considerazione possiamo aggiungere un trend iniziato qualche tempo fa e che sta prendendo piede nel panorama legislativo, ovvero l’inclusione in alcune restrizioni REACh di implicazioni molto “HSE”. Basti pensare ad esempio alla restrizione n.71 sul rispetto del DNEL dell’N-metilpirrolidone, o la n. 59 sul diclorometano.

 

Conclusioni

La risposta corretta al quesito amletico ancora non mi sento di dire che sia stata trovata. Rimane aperta la diatriba, tra gli esperti che si accapigliano ai convegni, ognuno con le proprie ragioni, ognuno con il proprio punto di vista, a volte è più legato alla scienza, altre alla priorità delle norme o alla giurisprudenza.

La mia opinione da RSPP, ove la forma-mentis è impregnata del principio della prevenzione e tutela della salute del lavoratore, è che lo sguardo dovrebbe puntare al il livello più basso disponibile scientificamente, quello a cui mi sento in dovere quantomeno tendere con le mie valutazione e azioni conseguenti.

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