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Sicurezza prodotto

Autorizzazione: qualcosa sta cambiando

Possibili modifiche al processo di autorizzazione a seguito di alcune importanti sentenze della Corte Europea

Il 2019 si è aperto con due importanti azioni da parte della Corte di giustizia Europea (EU General Court) in materia di autorizzazioni REACH, due azioni che probabilmente modificheranno l’operatività della richiesta e rilascio delle autorizzazioni nel prossimo periodo.

I due casi citati riguardano i pigmenti contenenti cromati di piombo e DEHP. Segue un breve riassunto di quanto accaduto per ciascuno dei due casi.

Caso Svezia – pigmenti Pb-Cr

Nel 2019 la Commissione Europea ha rilasciato l’autorizzazione per 6 usi del giallo piombo solfocromato e del piombo cromato molibdato rosso ad un OR (Only Representative) di una azienda canadese. Gli usi coperti spaziavano dalla verniciatura industriale, dall’uso nelle plastiche fino alla verniciatura delle strade.

A seguito di ciò la Svezia, con il supporto di Danimarca, Finlandia e del Parlamento Europeo, hanno contestato formalmente la decisione della Commissione portando come principale argomentazione il fatto che i cromati di piombo sono ormai “usciti di scena” in quanto in diversi Stati Membri sono già impiegate diverse alternative. Ciò comporta che non può essere rilasciata una autorizzazione per un cancerogeno che può essere sostituito.

La Corte di Giustizia Europea ha condiviso le argomentazioni della Svezia e ha annullato la decisione della commissione europea sull’autorizzazione dei cromati di piombo bloccando di fatto la possibilità di commercializzarli ed utilizzarli sul territorio europeo.

Caso Client Earth - DEHP

Nel 2016 la Commissione Europea ha rilasciato l’autorizzazione a tre aziende per due usi del PVC recuperato contenente ftalati (DEHP).

La ONG Client Earth ha sollevato alcuni dubbi in merito alla legittimità di tali autorizzazioni criticando il fatto che l’uso degli ftalati nel PVC recuperato non è intenzionale in quanto già presenti nel rifiuto di partenza. Le autorizzazioni devono essere rilasciate solo per utilizzi intenzionali. La ONG denuncia quindi il fatto che autorizzando tali sostanze in materiali recuperati di fatto si permette la presenza di SVHC in tali materiali senza procedere con uno studio delle alternative.

La Commissione ha replicato che la presenza di DEHP nel materiale recuperato permette un impiego inferiore di ulteriori DEHP additivati successivamente ed inoltre sancisce che niente nel Reg. REACH fa pensare che una sostanza debba essere intenzionalmente aggiunta affinché si possa parlare di uso della stessa.

La commissione ha quindi respinto la richiesta della ONG chiudendo di fatto il caso.

I due casi presentati hanno quindi avuto un esito diametralmente opposto, nel primo caso l’autorizzazione è stata ritenuta “illegale” dalla Corte di giustizia e quindi è stata annullata, mentre nel secondo l’autorizzazione è rimasta cogente.

Va detto che comunque queste due azioni della Corte di Giustizia Europea hanno sollevato alcuni dubbi sulla completezza dei dossier di autorizzazione, con particolare riferimento alla sezione fondamentale riguardante la ricerca delle alternative.

Proposta operativa di Client Earth/Chemsec

A valle dei due casi presentati, la ONG Client Earth e la società Chemsec hanno prodotto una documentazione in cui riassumono le principali criticità rilevate contestualmente alla sentenza di annullamento dell’autorizzazione dei pigmenti cromati di piombo fornendo alcuni spunti di miglioramento diretti a ECHA e alla Commissione Europea.

Dall’analisi della sentenza emergono le seguenti considerazioni:

  • La Commissione non può nascondersi dietro il lavoro del SEAC (Comitato per l’Analisi Socio Economica) e ha il diritto di chiedere chiarimenti se nota aspetti poco chiari o degni di essere approfonditi
  • Il SEAC non deve limitarsi ad elencare le argomentazioni dei richiedenti l’autorizzazione, ma deve fornire un contributo attivo (soprattutto quando queste sono contraddittorie)
  • Il SEAC deve avere al suo interno del personale esperto in modo tale che la valutazione delle alternative venga effettuata in maniera completa e competente
  • “Il piano di sostituzione non è un’opzione”: quando un'alternativa è disponibile, ma si può concludere che non è adatta/conveniente al richiedente, il SEAC non deve interrompere la sua valutazione, ma deve anche riesaminare il piano di sostituzione del richiedente. Questo piano di sostituzione deve includere un calendario di azioni e non può essere basato esclusivamente sulla prospettiva (soggettiva) del richiedente.
  • L’onere della prova è del richiedente, non del SEAC: se il richiedente dichiara che non ci sono alternative e il SEAC ha dubbi in merito, quest’ultimo non deve provare l’assenza di alternative ma concludere che le prove portate dal richiedente non sono sufficienti (fornendo di fatto un parere negativo)
  • I pareri del SEAC devono evidenziare le incertezze rimanenti, nonché un'analisi di quanto siano importanti queste incertezze, come il richiedente abbia risposto alle osservazioni nella consultazione delle parti terze e se tutti gli usi richiesti siano coperti dall'analisi delle alternative. Questa analisi deve essere eseguita in relazione alla funzione svolta dalla sostanza, che può manifestarsi ulteriormente lungo la catena di approvvigionamento, ad esempio quando viene formulato/fabbricato il prodotto finale.
  • Non rimandare le decisioni: la Corte dichiara che non è legale concedere una autorizzazione se rimane aperto il dibattito sulle alternative, come non è legale chiedere di risolvere il problema alla prima review della autorizzazione

Come anticipato, a valle delle considerazioni sopra riportate, la ONG ha proposto alcuni spunti pratici che interessano la modifica degli strumenti operativi ad oggi a disposizione.

Oggi ECHA, SEAC e i richiedenti hanno a disposizione alcuni tool per lavorare sull’ autorizzazione e sullo studio delle alternative:

  • A template opinion format (December 2018 version),
  • Instructions and format for applicants for the analysis of alternatives (February 2019 version), and substitution plan (May 2017 version),
  • Instructions and format for third parties contributions (November 2015, March 2013 version),

L’ONG sostiene che almeno due dei tre tool andrebbero rivisti, ecco la proposta:

  1. Messa a disposizione di una check list per aiutare il SEAC a valutare le informazioni ricevute dai richiedenti in merito alle alternative le cui possibili conclusioni sono:
    1. Il SEAC può concludere che il richiedente ha dimostrato con successo che non sono disponibili alternative adeguate e raccomanda un periodo di revisione che rifletta il piano di sostituzione.
    2. Il SEAC può porre domande al richiedente per chiarire le incertezze, ma se permangono le incertezze, deve concludere che il richiedente non ha dimostrato che non erano disponibili alternative adatte per gli usi coperti.
  2. Modifica del template opinion format in quanto ritiene (alla luce delle evidenze emerse dalla sentenza sopra riassunte) che l’attuale formato ponga domande sbagliate a cui il SEAC deve rispondere (alcune di queste lasciano aperta la possibilità di ricadere in una delle evidenze di cui sopra, come ad esempio rimandare alla prima review l’approfondimento delle alternative)
  3. Aggiornamento del third parties contributions template. La proposta viene effettuata in quanto la Corte di Giustizia ha chiarito come nel processo di consultazione delle parti terze, queste non devono fornire una analisi completa delle alternative. L’onere di provare l’assenza di alternative rimane in capo all’applicante. Il vecchio template faceva passare questo concetto e, probabilmente, pochi soggetti si esponevano proponendo alternative non avendo prove sull’efficacia o non volendo sbatti. Ciò dovrebbe migliorare il processo di consultazione.

Notizia degli ultimi giorni, ECHA sembra che abbia preso in carico le proposte della ONG. Infatti in un comunicato del 20/06/19 dichiara che:

“Il lavoro di ECHA in merito alle autorizzazioni sarà migliorato in tre modi: in primo luogo, i format dell'ECHA relativi alle domande di autorizzazione saranno modificati chiedendo ai richiedenti di fornire un piano di sostituzione nella loro domanda nel caso in cui siano disponibili alternative ma ad oggi non ancora impiegabili tecnicamente dal richiedente.

In secondo luogo, ECHA rivedrà gli opinion formats utilizzati dai suoi comitati scientifici per la valutazione dei rischi (RAC) e per l'analisi socioeconomica (SEAC). Ciò dovrebbe chiarire anche i confini tra il parere scientifico delle commissioni dell'ECHA e le decisioni della Commissione. Infine, ECHA standardizzerà i testi di opinione per aiutare i relatori a elaborare pareri più coerenti e concisi.”

Conclusioni

Secondo quanto analizzato nei paragrafi precedenti, una delle principali mancanze rilevate nei processi di autorizzazione ad oggi in corso (non ultimo il caso del triossido di cromo, già trattato in una nostra news che potete trovare cliccando qui) riguarda la ricerca delle alternative, spesso ritenuta non sufficiente ed esaustiva. Oltre a questo aspetto si richiama fortemente alla necessità di predisporre un piano di sostituzione per tutti i casi in cui sono disponibili alternative ma che richiedono una modifica delle tecnologie esistenti al fine di renderle fruibili dagli applicanti.

Fonti:

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